Sì. Cammina e cammina
per la strada sbagliata,
bianca, quella bambina
non ritrovava più le cose note:
dov'era la sua casa,
sul lato della strada,
con due sedie sui lati della porta,
la grande sporta
di paglia piena di fagioli secchi
da sbucciare e nel cesto quattro stecchi?
E il lavatoio lì, di fronte a casa,
di pietra grigia, sotto la tettoia?
Era tutto scomparso. Ed era mai
esistito davvero?
Alto nel cielo
le nubi trasvolavano di fretta
senza badarle: e presto un temporale
si annunciava, e un gran vento
soffiava. Fino a che
lo capì: quella strada non portava
a nulla, quella
era una falsa strada, dritta e muta
non abitata, non riconosciuta.
Si fermò; in quel momento
vide quattro stradini col piccone:
battevano, battevano la strada,
per migliorarla, o forse per pulirla,
per renderla più dritta, per rifarla.
Dissero che il paese era lontano
e da tutt'altra parte, e lei
ripercorse la strada sconosciuta
per tornare da dove era venuta.
Così era cominciato, il grande viaggio
fatto di traiettorie contrapposte,
percorse, poi negate e riproposte
in altra direzione, all'infinito:
e il viaggio era scandito
da poche frasi con gli sconosciuti
ch'erano lì per caso, nel momento
in cui mutava il senso dell'andare.
Strade percorse in sogno, grandi case
esplorate, e le chiese
immense, sconsacrate,
e altissime muraglie
come palazzi assiri
o montagne scolpite come a Petra
in un paesaggio senza spiegazione,
in un silenzio senza una ragione.
La strada che non sai dove ti porta
è più lunga, più lenta: ad ogni passo
qualche cosa ti tenta, ti costringe
a fermarti, ti spinge
dietro la curva, o in un sentiero a lato:
per vedere la felce chiaroscura
o un grande masso, in mezzo alla radura
davanti a un casolare abbandonato.
No, non era la meta ad incantare:
era l'andare senza alcuna meta.
(Bianca Tarozzi, da "Prima e dopo")
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2 commenti:
alla fine il bello del viaggio è il percorso e non la meta
anche, forse sì.
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