
Supponiamo che questo muso carnacialesco qua sopra sia io, e le manine, che tengono il telo delle guance per non far cadere a terra due fiumi di lacrime silenziose, di non so chi.
Forse sempre mie.
E' uno di quei momenti in cui parlo di aria mancante, di pesci e di habitat.
Allora cerco con tutte le forze di trovare il mio angolo ritagliato in mezzo a tutta l'aria non mia, mi ammutolisco quando è così.
Non è una questione di infantilismo, benché serva molta forza per superarla. E' un fattore di "non traduzione".
Perché, pure io tentando, non trovo risposta o aiuto, e mi toglie una quantità di forze e speranza che non so spiegare.
Allora sai che faccio? Ridatemi i miei disegni le mie foto, e mi tengo sospesa a guardarli, a mezz'aria, dove c'è la mia aria, quella che sa leggermi e a cui non devo chiedere nulla o spiegare.
Mi ridà energia nuotarci dentro un pò, tutto qui.
C'è una specie di afa qui a Roma, non si respira bene.
E' nuvoloso come in autunno, ma non piove neanche. Strana aria in tutti i sensi.
Oggi è Roma che è specchio.
Quei fiumi sulle guance restano a scorrere statici, diventano laghetti in attesa di asciugarsi.
Non vedo l'ora di tornare a casa