
"La vite, invecchiata sopra l’albero vecchio,
cadde insieme con la ruina d’esso albero
e fu per la trista compagnia
a mancare insieme con quello".
Così raccontava in una delle sue brevi favole Leonardo Da Vinci, di cui 4 anni fa pubblicai, audace, la mia tesi d'illustrazione nella quale rivedevo e reinterpretavo ciò che lui scriveva e a tratti disegnava.
Questo era uno dei suoi - neri, nerissimi! - racconti che più mi aveva colpito e che facilmente avevo disegnato. Ne avevo estrapolato veloce il concetto, che era arrivato subito alle dita e alla penna a china, invece di fermarsi prima un po' in testa a frullare parallelismi e immagini correlate.
Insomma mi aveva stupito, e aveva aderito alla mia interpretazione di significato significante segno sogno in un battibaleno.
Fatto sta che, dopo 4 anni appunto, passeggiavo ieri pomeriggio nei pressi di un antico eremo e del magico bosco che lo preannuncia.
Fotografando qua e là i meravigliosi alberi che come personaggi in una prosopopea mi accompagnavano nella passeggiata, mi sono imbattuta in loro.

Mi sono allora ritrovata a sorridere da sola (anzi no, di sicuro assieme a me sghignazzavano le gemme e le foglioline e i rametti del bosco vivo), di un sorriso speciale che vibrava che spostava come un vento le fronde di quegli alberi uniti.
Era come se un mio disegno avesse preso forma a mia insaputa, e chissà da quanto tempo stava lì ad aspettarmi.
Ma quando, in quei magici casi, è il mio disegno che prende forma nella realtà e lo ritrovo di fronte ai miei occhi, tridimensionale, vecchio, segnato dal tempo senza lembi stropicciati attorno né chiuso in un taccuino, questo fenomeno sviluppa in me un'energia dentro che mi fa dire non voglio fare altro nella mia vita che questo.
Disegnare, come dire, disegnare la mia realtà. O il mio sogno.
Sì insomma, dipende dai punti di vista.