27.9.10

L'uomo d'acqua





T'amo contro tutto quello che ci illude
per questo cuore immortale
che io non posseggo
Tu credi di essere il dubbio
e non sei che ragione
Tu sei il sole forte che mi inebria
Quando sono sicuro di me.



[P.Eluard]









23.9.10

Il vitigno ninesco


La vendemmia si avvicina, arrivano i primi carichi di uve alle cantine, c'è fermento di grappoli nelle colline qui attorno.

Per celebrare l'evento, io che non pigio l'uva, vi lascio un grappolo di storia ad hoc (o a DOC?).
Un breve racconto scritto e illustrato da me per un concorso avvenuto nel maggio scorso e per il quale pochi giorni fa son stata premiata con (addirittura!) il secondo premio... Voglio dire, Nina che scrive un giallo o un noir...ma mi ci vedete sul serio? Al massimo un blue, come dice qualcuno! E a me vien la ridarella :-)

Buona lettura e vendemmia a voi, dunque! Qualsiasi pensiero o grappolo di idee andrete a trasformare quest'autunno in prezioso vino!


"VINO AL VINO"
di Francesca Ballarini

La vecchia sapeva il fatto suo, ma non lo dava a vedere. La potevi pensare un’innocua ignorante, la villana che ti porta per la vigna e capisce solo di terra da seminare, di pioggia in arrivo e odora pure di stalla. La signorina Clara la vedeva così, lei col suo foulard impregnato di profumo di gardenia, i mocassini per passeggiar elegantemente in campagna e sentirsi una volta tanto - via dalla folla della metropoli da bere - una “donna bucolica”, e potersi vantare, al ritorno, di una nuova, affascinante sfaccettatura del suo essere.

Penosa, poveretta, pensava la vecchia Ada.

L’avrebbe fatta passeggiare sotto sua cortese richiesta lungo il filare del vigneto, che per anni suo marito aveva amorevolmente curato, fino a farlo diventare così rigoglioso che a tutti i proprietari terrieri faceva gola. Pian piano ogni filare era passato nelle mani di altre ricche famiglie, ma nessuna di loro era mai riuscita a strappargli l’ultima vigna, senza dubbio la più bella e florida.
Clara era lì per quello, carpire il segreto di quelle uve succose, dalle viti potenti che nessuna grandine sconfiggeva. E magari portargliela pure via quella vigna, ché non bastava mai un nuovo terreno di bifolchi ad arricchire la lunga lista dei vigneti Giorgi. Suo padre, scomparso da qualche anno, sarebbe stato orgoglioso di lei.

«Lei è la figlia di Giorgi...»
«Sì, la figlia del Dottor Giorgi.»
«Io e mio marito l’abbiamo conosciuto, un bel tipo suo padre, davvero un bel tipo. Ne abbiamo visti tanti noi... tutti vogliono la vigna, ma noi non la cediamo a nessuno. Lo tenga a mente mentre ci passiamo dentro, signorina...»
«Oh Signora Ada, ci mancherebbe altro! Abbiamo così tanto da fare con tutte le centinaia di terreni! Son qui solo per ritemprarmi e godere della compagnia di una vera contadina! C’è così tanto da imparare da voi, dalla vostra semplicità e dal vostro attaccamento alla terra...»
«Sì, sì, molto attaccati alla terra. Abbia fede, anche lei lo sarà, dopotutto ci finiamo tutti, sottoterra...»
«Speriamo il più tardi possibile, Signora Ada!» esclamò Clara, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi. Non avrebbe mai dato soddisfazione a quella vecchia strega. Era ovvio che stava cercando di intimorirla. Ma tanto presto la vecchia sarebbe morta e la vigna meravigliosa se la sarebbe comprata lei.

Perché quella vigna era davvero meravigliosa. Le foglie smeraldo, lucide e dalle punte perfette che come mani simulavano dolcemente il passare del vento estivo tra i pampini, così arricciolati come capelli che ci avresti voluto passare il dito dentro e divertirti ad avvinghiarti a lui. E quei grappoli voluttuosi, passata da poco l’invaiatura, ricolmi di acini di un sanguigno rosso rubino. Pietre preziose da appuntarti come spille allo spolverino beige, ma pulsanti come un cuore, vive, avrebbe detto.

«Signora Ada, sarà dura per lei seguire le sorti di questa vigna, bella ma un po’ lasciata andare... Alla sua età non le piacerebbe starsene seduta in veranda a godere del paesaggio di queste splendide colline?»
«Questa vigna è la mia vita, mia e di mio marito.»
«Lungi da me essere troppo dura, ma suo marito non c’è più e lei è avanti con gli anni... Sa, son certa che con la nostra cura la sua vigna sarebbe ancora più bella, e suo marito più felice ancora!»
«Lei dice?»
«Ma sì signora mia, si fidi di me! Diventerà ricca dalla vendita del suo tesoro!»
La vecchia guardò Clara, sorrise e mise una mano sull’esile spalla della ragazza.
«Un raffinato gioiello come lei non potrà che abbellire la mia vigna. Anche mio marito apprezzerebbe, se non di più!»
Clara fintamente arrossì, rise trionfante e abbracciò la vecchia puzzolente.
Sapeva di morto, pensò.
«Se mi aspetta qui beviamo un bicchiere di vino per festeggiare.»
«Con piacere Ada! Bisogna brindare!»

La vecchia si allontanò fin a scomparire alla vista di Clara.
La ragazza soddisfatta rimirava i grappoli tra poco suoi e godeva del silenzio di quel corridoio di pietre preziose e capelli arricciolati.
Capelli. Avevano davvero sembianze così umane quelle viti...
Si avvicinò ad una di esse e infilò un dito nel boccolo del pampino. Quello cominciò a stringere, all’inizio come la mano di un bambino, poi sempre più forte in una morsa che ammutolì Clara.
Avvenne tutto in pochi minuti.
I pampini divennero sempre più grandi, piante che diventavano vive, rami che diventavano braccia, grappoli che diventavano teste, centinaia di teste di acini ululanti e dalle bocche voraci, stringhe di ramoscelli che le strizzavano la vita, e lei si dimenava, lanciando i mocassini senza riuscire a emetter alcun suono, mentre la vite più grande la teneva al collo e stringeva, stringeva senza farla più respirare.
L’ultima cosa che riconobbe prima che la decapitasse in un sol boccone, fu l’acino che le stava di fronte, così familiare, che strideva disperato, per sempre condannato a carnefice, stavolta di sua figlia.

Nella veranda Ada aspettò che le sue viti si chetassero, poi si versò un bicchiere di vino, e brindò.






(Francesca Ballarini per il Concorso CISinTandem 2010)






21.9.10

S'apercevoir


Ti accorgi che l'estate è finita quando esci con le infradito e sei l'unica a portarle, salda della convinzione iotantononsentofreddo. Quando fuori dalle villette a schiera cumuli di legna tagliata durante le passeggiate in montagna attendono fuori dal cancello, come gli uccelli con i rami e fuscelli per far nido, o le formiche in barba alle cicale. Quando sei in sala d'attesa dal dottordifamiglia per le analisi di rito di fine stagione e ascolti i malanni del troppo caldo e i ricordi delle zanzare, quando vai a tagliarti i capelli e la ciocca che s'era imbiondita col mare e col sole e col sale viene tagliata via (chissà quanti anni aveva quella punta, quante ne avrà viste mai?).
Ti accorgi che l'estate è finita quando provi ancora a lavorare in balcone ma la luce blu del crepuscolo arriva troppo presto a oscurarti il foglio e tu non hai finito. Quanto vedi la vestaglia di tua madre dietro la porta, e dici che bel calore. Quando guidi per la città, e ci sono i manifesti dell'apertura delle scuole di yoga di pilates di teatro di danza del ventre di fotografia di tai chi chuan.

Lo vedi negli anni tutti questo, ma lo riconosci solo dopo questi anni, non so dire quanti, è come quando t'accorgi del quadro che è sempre stato in sala all'angolo, o la foto dietro l'anta dell'armadietto, ma non ci avevi mai fatto caso. E magari dopo questi anni si modificherà pure, ogni volta che il tuo sguardo è più grande e traduce di nuovo quel che vede a seconda di come è in quel tempo, e riconosci le stagioni come dal movimento delle nuvole.
Accorgersi è "scorgere improvvisamente", e l'improvviso può durare anni.


Ti accorgi che l'estate è finita quando sei seduta sulla scalinata di Piazza di Spagna e il calore del sole è davvero diverso da quello della spiaggia, piacevole e misterioso, di quelli fuori stagione del "che bello, forse ci coloriremo un po'..", come se il mare fosse lontano già mesi e mesi.

Solo che è nessunastagione, nessuntempo, semplicemente è tutto tempo.



15.9.10

Spiegazione necessaria




Ci sono versi – a volte poesie intere –
che neanch’io so cosa voglion dire.
Quello che non so
mi trattiene ancora. E tu hai ragione a chiedere.
Ma non chiedere a me.
Ti ho detto che non so.
Due luci parallele dallo stesso centro. Il rumore dell’acqua
che cade, d’inverno, dalla grondaia colma
o il rumore di una goccia che stilla
da una rosa nel giardino annaffiato
lentamente, lentamente, una sera primaverile
come il singhiozzo di un uccello.
Non so
cosa vuol dire questo rumore; e tuttavia l’accetto.
Le cose che so te le spiego. Non mi dimentico.
Ma anche queste cose aggiungono qualcosa
alla nostra vita. La guardavo
mentre dormiva, il ginocchio piegato ad angolo
sul lenzuolo –
Non era solo l’amore.
Questo angolo
era il crinale della tenerezza, e il profumo
del lenzuolo, di pulito e di primavera completavano
quell’inspiegabile che ho tentato, ancora
inutilmente, di spiegarti.


(Ghiannis Ritsos)




12.9.10

Non mi conosci? Non mi conosci ormai?




Io porto te, tu porti me.



7.9.10

Ti rubo un passaggio



ll sette settembre duemiladieci, sul far del giorno, Nina salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la sua situazione storica. La trovò poco chiara.


"Non volevo più rifiutare un amore, ma affermare il mio."






(Tutto questo, o quasi, lo scriveva Queneau, io gliel'ho rubato)




3.9.10

Vi racconto una storia



Passava la sera zitta zitta, dopo una giornata sconfinante di quelle che si dovrebbero segnare sul calendario graffiando sulla pietra perché deve rimanere.
È da ieri che cerco di scriverne, ma da ogni parte io voglia iniziare finisce che mi perdo il filo, perché è tutto troppo, tanto da dire. Vi prego di avere pazienza, e cercare di seguire il gomitolo, ché Ninetta con le grandi superfici zuppe di tempo si perde come Palomar, e allora parla dei fili d'erba.



Ieri mattina, appena pubblicato “Il ponte” e l'arco e le pietre, ho riascoltato dopo tanto questa canzone, ché il suo Marble Arch e la sua love is not a victory march pulsa nel mio cuore da sempre, e la figura dell'arco è tanto amata per questo, e non solo da me. Credo che ci sia una magia lì dentro.

Appena è partita la musica hanno suonato al citofono di casa.

Era un corriere inaspettato, che portava una grossa e pesante scatola.


Un bel po’ di mesi fa Nina è stata contattata da un editore per i suoi disegni.
Se li son visti, rimirati, ricercati, e son piaciuti. Il timore era uno, quello dell'ermetismo dei pensieri nineschi, la cui comprensione prende più di 3 secondi di tempo, e l'uso di immagini non dirette per il mercato tout court.
Nina allora ha aspettato, sapendo che quei disegni lo potevano avere un effetto, perché le persone ascoltano, e il tempo non è per forza così veloce per gli occhi che cercano. Chi si sofferma e incespica fortunatamente esiste ancora, magari non siamo tanti, ma la fiducia bisogna pure trovarla, oppure aiutarla.

E intanto son passate le stagioni, e io in attesa sono rimasta, prendendo altre strade, e chi partecipa a ogni mio disegno, perché lui è in ognuno, assieme a me aspettava.


Ieri dunque, dal corriere, ho preso la scatola, ho letto il mittente, e ho cominciato a tremare.

Ho fatto i miei tre piani di scale, l'ho appoggiata sul tavolo, e l'ho guardata così chiusa, mentre l'Hallelujah continuava, sospirava e suonava, un po’ come me.
Gli ho scritto subito, a lui che doveva sapere, e che lontano capiva, e che mancava seppur presente. E poi però è arrivato perché invece non poteva mancare, perché è come un'alba, che è perfetta se la guardi assieme, perché la felicità è nata gemella.

Nella mia storia piccolina, due disegni, che fanno parte di me come un pezzo del corpo, avevano cominciato un viaggio più grande, e finalmente visibile.
Guardavo e piangevo di quelle lacrime di quando un nodo si scioglie e sei felice qualsiasi cosa accada, perché quella scatola conteneva cuore e tempo nostro.

Così. Felice di annunciarvi qui, a voi che siete prova, che Nina entra nella collezione d'autori di Cartilia Edizioni d'arte, con due disegni per i taccuino/agenda 2011.
(Praticamente sono il secondo nome in lista, ecco, poco più su di Botticelli... un po' impegnativo eh? :)


In tutt'Italia, nelle Feltrinelli, Fnac, Mondadori e alcune altre librerie, ci sarà un po' di Nina, col suo nome vero, e immagina che questo cuore ora lo possano vedere tutti, anche chi non è giunto fin qui anche, anche a chi non posso raccontare. Poche copie che prego finiranno presto, cosicché si creda in pieno al senso delle persone che guardano. Perché le persone, le risposte o le domande, come dice Betty, le cercano.


Queste le agend-Nine... Ricordate i disegni?

La nuvola che vaga sola (e sorrido perché ancora una volta
è una nuvola che porta pioggia e per questo non è affatto sola...)






...e lei, la sirena mancata, o superata, che ora sta a terra, coi suoi ricordi di mare.
Lei che il tempo di prima se lo porta addosso come un vestito,
tatuato sulla pelle, in tanti pois.


E io tutt’ora vibro di quel momento, di quella scatola piena, della mia mano che taglia lo scotch e apre e trova se stessa dentro, sotto gli occhi di tutti.
Copertina del tempo, del tempo di altri che non conosco, che porteranno quella nuvola a spasso, chissà, nelle loro tasche o borse o appoggiate su un tavolo, con tutta quella pioggia dentro.


Come in quella foto che ne porta due di ritratti, questa ha quattro mani dentro. Stringiamo forte, non lasciamo scappare, c'è la nostra bandierina ora sul Marble Arch.

Ci vedete?


(and from your lips she drew the hallelujah)



1.9.10

Il ponte



Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
- Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? - chiede Kublai Kan.
- Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra, - risponde Marco, - ma dalla linea dell'arco che esse formano.
Kublai Kan rimase silenzioso, riflettendo. Poi soggiunse: - Perché mi parli delle pietre? È solo dell'arco che mi importa.
Polo risponde: - Senza pietre non c'è arco.

(I. Calvino)



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